domenica 30 novembre 2008

Crisi, Veltroni: chi vuole dialogo non chiede ratifiche


ROMA (Reuters) - Se il governo vuole il dialogo con l'opposizione deve ascoltarne le proposte e concordare prima i provvedimenti. E' la posizione del leader del Pd Walter Veltroni, all'indomani dell'appello alla collaborazione lanciato dal premier Silvio Berlusconi nel presentare il decreto anti-crisi varato dall'esecutivo.

"Per quanto riguarda il rapporto con l'opposizione, se davvero lo si vuole se ne ascoltino le proposte e si concordino i provvedimenti", dichiara il segretario nazionale del Partito Democratico in una nota.

"Non è immaginabile che l'opposizione venga semplicemente invitata a ratificare decisioni già prese senza alcun coinvolgimento".

Quanto al decreto varato ieri -- 36 articoli che vanno dal bonus famiglie a un tetto al 4% per i mutui a sgravi per le imprese -- Veltroni lo bolla come insufficiente.

"Le proposte anti-crisi presentate dal governo sono purtroppo del tutto insufficienti: non c'è nulla di strutturale, nulla che riguardi i redditi e le pensioni, nulla che riguardi il precariato, molto poco per le piccole e medie imprese", spiega, definendo il governo Berlusconi "ancora una volta inadeguato rispetto alla gravità della situazione".

Il numero uno dell'opposizione auspica tuttavia "un tavolo con le parti sociali in cui sia presente non solo Confindustria ma anche le piccole e medie imprese", invitando il governo a "non continuare sulla strada irresponsabile della divisone tra sindacati, un comportamento che non potrà che generare altro conflitto".

lunedì 24 novembre 2008

Proprio il senso delle istituzioni dovrebbe consigliare il ritiro

di Stefano Folli (da "Il Sole 24 ORE" del 21 nov 2008)

Secondo un vecchio detto, il patriottismo è l'ultimo rifugio dei birbanti.

Vuol dire che quando non si trovano più argomenti per difendere i veri motivi di un comportamento discutibile,si ricorre all'amor di patria.

Allo stesso modo, oggi si potrebbe osservare che il senso delle istituzioni è l'ultimo rifugio del senatore Villari, il presidente tutt'altro che dimissionario della commissione di Vigilanza sulla Rai.

Il suo appello al rispetto delle istituzioni,che "vengono prima del partito", sarebbe un'ottima cosa, se non suonasse un po' falso.

Purtroppo le istituzioni non c'entrano nulla.

O meglio, c'entrano solo nella nuova, appassionata battaglia di Marco Pannella in difesa della "legalità parlamentare".

Ma Pannella è solo o quasi nel suo idealismo.

Villari è stato eletto in circostanze straordinarie, cioè con un colpo a effetto della maggioranza, alla guida di una commissione la cui guida spetta all'opposizione.

Ed è così da anni: perché di lì si dovrebbe esercitare una funzione di garanzia.

Il suo iniziale rifiuto di dimettersi, disobbedendo all'ultimatum di Veltroni, aveva un senso che questo giornale ha sottolineato: senza un preventivo accordo su di un altro nome, si sarebbe tornati al braccio di ferro paralizzante.

Tuttavia di lì a poco,anche per merito indiretto di Villari, l'intesa si è trovata sul nome di Sergio Zavoli.

Palazzo Chigi ha dato una mano a Veltroni e il nome individuato garantisce alla perfezione il centro-sinistra.

Lo scenario è quindi del tutto mutato e Villari farebbe bene a prenderne atto al più presto.

Le sue dimissioni non sono un cedimento alla volontà dei partiti o a "indebite pressioni", ma proprio il contrario: sono un atto di rispetto verso le istituzioni che non possono diventare l'arena per giochi personali. Tanto più che in queste condizioni la Vigilanza non potrebbe granchè funzionare.

Il che, detto per inciso, renderebbe più forte la tesi secondo cui è meglio abolirla tout court.

Ecco allora che l'insistenza di Villari non si giustifica più.

Egli stesso aveva parlato all'inizio della necessità di seguire un "percorso istituzionale".

Adesso il percorso è terminato, tant'è che i presidenti di Camera e Senato lo hanno invitato alle dimissioni.

E lo stesso ha fatto in serata il presidente del Consiglio, rammentando l'accordo che ha portato al nome di Zavoli.

Un accordo che deve tanto al lavoro di Gianni Letta.

Con questo Berlusconi toglie a Villari qualsiasi copertura.

Se poi qualcuno nel centro-destra la pensa in modo diverso, esercita un suo diritto:ma è difficile credere che possa influenzare gli sviluppi politici del caso.

In fondo, chi nel Pdl sostiene a oltranza Villari, anche dopo l'intesa su Zavoli, vuole soprattutto l'umiliazione di Veltroni.

Ma commette un errore.

Proprio l'accordo maggioranza-opposizione realizzato con il consenso di Berlusconi fa sì che l'umiliazione a questo punto sarebbe "bipartisan": toccherebbe il leader del Pd, ma investirebbe anche Palazzo Chigi.

Specie dopo la nota di ieri sera.

Si capisce la cavalcata solitaria di Pannella, da sempre sospettoso e diffidente verso le grandi intese trasversali.

Ma all'interno del centro-destra i sostenitori di Villari dovrebbero riflettere.

Di fatto la partita è chiusa.

Del resto, un maggiore rispetto del leader dell'opposizione da parte degli esponenti del centro-destra può fare solo bene alle istituzioni e alla civiltà del dibattito.

Rendere operante l'intesa su Zavoli, un gentiluomo da tutti stimato , significa anche questo.

"Chi incita il presidente a resistere

vuole umiliare Veltroni ma colpisce anche Berlusconi"

domenica 23 novembre 2008

LE BUGIE DI BERLUSCONI SULLA SCUOLA

(dal sito LINODUILIO.it)

PREMESSA

Il Governo e il centrodestra continuano a fare disinformazione e confusione sui provvedimenti legislativi inerenti la scuola e l’università che sono stati finora approvati. In tal senso, il Governo ha promosso e favorito la circolazione di informazioni e dati fuorvianti rispetto alla realtà dei fatti. L’obiettivo principale dei provvedimenti, infatti, è quello di occultare i tagli pesantissimi e indiscriminati che si abbatteranno sulla scuola pubblica nel prossimo triennio. Tagli contro cui abbiamo condotto una durissima battaglia di opposizione in Parlamento e che sono contestati in tutto il Paese da uno straordinario movimento di massa composto da genitori, insegnanti, studenti, docenti universitari, dalle organizzazioni sindacali, dalle Regioni e dagli Enti Locali. Fallita, dunque, la campagna mediatica basata esclusivamente sugli spot, da un lato si continuano a raccontare bugie colossali (vedi il dossier di Berlusconi sulle presunte bugie della sinistra) e dall’altra, si tenta di alzare un polverone per non dare conto con chiarezza agli italiani delle gravi scelte fatte. Scelte che minano le fondamenta dell’istruzione pubblica, sia scolastica che universitaria, del nostro Paese.

In primo luogo, appare fondamentale sapere che le norme contestate sono contenute in tre decreti legge.

1. Decreto Legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito nella Legge 6 agosto 2008 n.133 (manovra economica estiva).

Per la scuola sono stati previsti, per il prossimo triennio, tagli per circa 8 miliardi di euro e per circa 132.000 posti di lavoro. Inoltre, è stato previsto un piano programmatico e una serie di regolamenti finalizzati ad attuare i tagli stessi.

Per l’Università sono previsti, a partire dal 2010, tagli per 1 miliardo e 400 milioni di euro, il blocco del turn over (potrà essere assunto solo un giovane docente ogni cinque professori che vanno via dalle Università e se si considerano anche i tagli all’ FFO -il Fondo per il Finanziamento Ordinario delle Università che costituisce la principale fonte di entrata per le Università statali- potrà essere sostituito un solo docente su circa otto) e la trasformazione delle Università in Fondazioni (possibile ma non obbligatoria.

2. Decreto legge 1° settembre 2008, n. 137 (decreto Gelmini) convertito nella Legge 30 ottobre 2008, n. 169

Il decreto, all’articolo 4, prevede l’istituzione del maestro unico e l’orario settimanale a 24 ore nella scuola primaria (o elementare). Negli altri articoli si stabilisce, inoltre, il ritorno al voto in condotta nella scuola media (nella scuola superiore c’è già) e si prevede che tale voto faccia media ai fini dell’esito finale dell’anno scolastico; il ritorno al voto numerico nella scuola elementare e nella scuola media (nella scuola superiore c’è già); l’introduzione della sperimentazione di “Cittadinanza e Costituzione” (la cosiddetta educazione civica) senza però prevedere un monte ore dedicato né risorse per i sussidi didattici. E’emblematica, poi, la vicenda del grembiule di cui tanto la Ministra tanto ha parlato sugli organi di stampa. Infatti, in relazione a questo provvedimento, non è arrivata alcuna comunicazione scritta alle scuole.

3. Decreto Legge del 7 ottobre 2008, n. 154 recante "Disposizioni urgenti per il contenimento della spesa sanitaria e in materia di regolazioni contabili con le autonomie locali".

Nel decreto è stato inserito un articolo che prevede il commissariamento delle Regioni che non approvino il piano di ridimensionamento delle istituzioni scolastiche entro il 30 novembre. Tutte le Regioni (sia quelle governate dal centrosinistra che dal centrodestra) hanno chiesto al Governo di ritirare questa norma e hanno bloccato i lavori della conferenza unificata che, per questo motivo, non ha ancora espresso il parere sul piano programmatico attuativo del decreto 112.

CONTRODOSSIER

In riferimento al dossier distribuito nel corso della conferenza stampa del 22 ottobre 2008 sulle presunte bugie della sinistra in merito alla scuola, il Partito Democratico ha replicato con un controdossier, intitolato “Tutte le bugie del premier sulla scuola” in cui, punto su punto, vengono smontate le considerazioni espresse dal Presidente del Consiglio Berlusconi e dalla Ministra Gelmini.

TAGLI

Berlusconi ha dichiarato che non è vero che siano stati disposti tagli alla scuola. Berlusconi è un bugiardo. Infatti, con la manovra finanziaria approvata questa estate (DL n° 112/08 convertito in Legge n° 133/08) viene previsto per i prossimi tre anni un taglio di circa 8 mld sulle spese per l’istruzione (7, 832 mld) e di circa 132.000 posti negli organici del personale (87.400 insegnanti e 44.500 personale ATA).

Ma non basta! Con la legge finanziaria attualmente in discussione alla Camera, infatti, sono stati predisposti ulteriori tagli. Ad esempio, sono stati tagliati 50 milioni sul Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche e 22,8 milioni sul Fondo per l’Edilizia scolastica.

TEMPO PIENO

Berlusconi promette l’incremento del tempo pieno. Berlusconi è un bugiardo! Infatti, sia nel Decreto Gelmini che nel Piano Programmatico sparisce la dizione “tempo pieno”.

Infatti, il decreto Gelmini afferma “che le istituzioni scolastiche costituiscono classi affidate ad un unico insegnante e funzionanti con orario di ventiquattro ore settimanali.”

Il decreto prevede, inoltre, che si tenga anche “conto delle esigenze, correlate alla domanda delle famiglie, di una più ampia articolazione del tempo scuola.”

Nel Piano programmatico inviato dal Governo al Parlamento, alla pagina 7, è scritto che “nella scuola primaria va privilegiata l’attivazione di classi affidate ad un unico docente (…)” e che “ resta aperta la possibilità di una più ampia articolazione del tempo scuola, tenuto conto della domanda delle famiglie e della dotazione organica assegnata alla scuole” e ancora che le opzioni possibili sono tra 27 ore, 30 ore e una “estensione delle ore di lezione fino a un massimo di 10 ore settimanali comprensive della mensa”.

E’ evidente che, in tal modo, viene prefigurato una sorta di doposcuola che è cosa ben diversa dal tempo pieno didattico (come, per altro, lo stesso Berlusconi ha dichiarato alla stampa).

Comunque sia, l’eventuale “aumento” è subordinato non solo alla richiesta delle famiglie ma anche alla dotazione dell’organico del personale che verrà attribuito alle scuole.

A tal proposito occorre ricordare i tagli all’organico del personale insegnante per la scuola primaria previsti dal piano. Ad esempio i tagli riferiti al prossimo anno scolastico sono di 10.000 unità a cui si aggiungono i 4.000 posti in meno di insegnanti specialisti della lingua inglese.

Come si potrà conciliare la scelta delle famiglie per il cosiddetto tempo pieno con i tagli agli organici?

E’ del tutto evidente che per attuare i tagli si dovrà imporre a tutte le famiglie le classi con 24 ore settimanali con il maestro unico (quindi, in concreto, niente più scelta fra 24, 27, 30, 40 ore settimanali).

Il governo sostiene che con l’introduzione del maestro unico e l’eliminazione delle compresenze si libereranno più maestri per aumentare il tempo pieno.

In realtà, con la generalizzazione del maestro unico e l’eliminazione delle compresenze, verrà smantellata la scuola dei moduli e in particolare il modello a trenta ore.

Berlusconi promette l’aumento di 5.750 classi con il tempo pieno. Tuttavia, anche in questo caso, Berlusconi non sembra avere chiari i numeri. Infatti, i dati complessivi delle classi (5.750) e degli alunni (82.950) in più che passeranno al tempo pieno nel quinquennio, destano non poche perplessità. Non hanno, infatti, alcun riscontro nella tabella di dettaglio che il Governo ha distribuito con il dossier, e del resto corrisponderebbero a un incremento del tempo pieno del 17%, ben inferiore a quel 50% annunciato ripetutamente dalla Gelmini e da Berlusconi.

NUMERO DEGLI ALUNNI

Dice Berlusconi che gli alunni saranno in media 18 per classe, al massimo 26. Nell’unica bozza di Regolamento che circola si dicono cose ben diverse: si aumentano i parametri minimi e massimi: 30 per le scuole medie superiori e 29 per le scuole medie inferiori, con un incremento fino al 10%. Questo significa arrivare anche a 33 alunni per classe.

MAESTRO UNICO

Sul maestro unico il Presidente del Consiglio dice una colossale bugia affermando che si tratta di un maestro prevalente!

Nel decreto legge, articolo 4 primo comma, e letteralmente scritto “che le istituzioni scolastiche costituiscono classi affidate ad un unico insegnante e funzionanti con orario di 24 ore settimanali”. Non basta certo una battuta detta in una conferenza stampa da Berlusconi per modificare una legge e trasformare “l’insegnante unico” in “maestro prevalente”. Non esiste, infatti, un maestro prevalente come erroneamente sostenuto dal Presidente del Consiglio, come non esistono gli insegnanti di educazione fisica e di informatica. Inoltre, quando l’insegnate di classe non è lo stesso che fa anche l’insegnamento di religione cattolica e di inglese, questi insegnamenti sono affidati sempre entro l’orario delle 24 ore settimanali, a degli specialisti. Come si concilia questo modello per gli specialisti di inglese per cui il piano prevede nel triennio l’estinzione del corrispondente organico?

LINGUA INGLESE

Il maestro unico dovrà insegnare anche l’inglese poiché nel Piano programmatico (a pagina 19) viene previsto il taglio di 11.200 posti (4.000 già dal prossimo anno) di insegnanti specializzati in lingua Inglese. E viene previsto che con un corso di sole 150/200 ore il maestro unico dovrà specializzarsi anche in Inglese.

RAZIONALIZZAZIONE DEL PERSONALE

Qui si tocca il massimo della spudoratezza giocando con le parole e con la condizione di vita delle persone: “falsi gli 87.400 licenziamenti di insegnanti” dice Berlusconi. Sono purtroppo veri i licenziamenti di 87.400 insegnanti che lavorano da anni, ogni anno, con incarichi annuali nella scuola. Essendo “precari” non vengono “licenziati”: vengono soppressi definitivamente i loro posti di lavoro e, dunque, i loro stipendi. A questi 87.400 si aggiunge la mancata assunzione dei 75.000 precari già previsti nel piano del governo Prodi con copertura finanziaria e i 44.500 posti di lavoro tagliati del personale ATA.

Il Presidente del Consiglio e il Ministro non sanno neanche quanti dipendenti hanno! Nella conferenza stampa hanno affermato che nella scuola ci sono 1.350.000 dipendenti “e sono troppi”. Dai dati della Ragioneria Generale dello Stato si ricava che i dipendenti nell’anno 2006 erano 1.143.164, scesi nel 2007 a 1.133.000. (dati consultabili sul sito della Ragioneria)

Non è vero neanche che in Italia il Rapporto docente/alunni è 1 ogni 9. Nella pubblicazione “la scuola in cifre” dello stesso Ministero dell’Istruzione nella tabella 1.3.3 a pag 23 (pubblicata a settembre 2008) il rapporto è 1 ogni 11,1.

SCUOLE DI MONTAGNA

Berlusconi dice che “nessuna scuola sarà chiusa”: falso!

Le scuole piccole e con meno di 50 alunni non sono solo quelle di montagna. Il piano programmatico, a pagina 10, prevede il superamento delle scuole con meno di 50 alunni “a cominciare dai territori non ubicati nelle comunità montane o nelle piccole isole”

Nel Piano programmatico, dunque, viene esplicitamente detto che chiuderanno le scuole sotto i 50 alunni. Sono 1083 i Comuni interessati, così ripartiti: 181 con scuole fino a 15 alunni; 184 fino a 20 alunni; 718 fino a 50 alunni.

A queste scuole, inoltre, vanno aggiunte ulteriori 3000 scuole a rischio chiusura perché sotto i 50 alunni: 130 scuole elementari e medie presso gli istituti ospedalieri; 7 annesse a istituti d’arte; 7 annesse a convitto, 4 a Conservatori, 3 per ciechi, 2 per sordomuti. Ci sono inoltre 522 scuole secondarie di secondo grado (346 sono serali e 55 carcerarie).

SPESA PER IL PERSONALE

Il presidente del Consiglio e il ministro continuano a dire che il 97% della spesa pubblica della scuola serve a pagare gli stipendi di chi ci lavora. Questi dati non vengono smentiti solo dal Pd ma anche dall’Ocse nella pubblicazione “Education at a Glance, 2007”. Infatti, i dati della spesa corrente per il personale, raffrontati con quelli di altri Paesi, risultano questi:

Italia 80,7

Francia 80,7

Germania 85,1

Gran Bretagna 69,7

Media Ocse: 80,1

Di conseguenza l’Italia risulta allineata alla media Ocse ed ha una spesa per gli stipendi inferiore a quella della Germania.

mercoledì 19 novembre 2008

convocazione consiglio comunale

COMUNE DI PESSANO CON BORNAGO
PROVINCIA DI MILANO
Via Roma, 31 – cap. 20060 – tel. 02.9596971 Fax 02.959697230
C.F. e P.IVA N.03064000155

AVVISO DI CONVOCAZIONE DEL CONSIGLIO COMUNALE

IL SINDACO

Visto l’art. 40 del Testo Unico delle leggi sull’Ordinamento degli Enti Locali del 18.08.2000, n. 267

RENDE NOTO

che alle ore 20.00 del giorno martedì 25 novembre 2008 si riunirà in seduta ORDINARIA il
Consiglio Comunale presso la sala consigliare sita al 1° piano dell’edificio “la Filanda (ex-Else)” -
Piazza della Resistenza per la trattazione del seguente

ORDINE DEL GIORNO

1. Surroga consigliere comunale.
2. Sostituzione, a seguito dimissioni, componente della Commissione Consiliare permanente Bilancio,
Programmazione e Tributi.
3. Variazione di assestamento generale al bilancio di previsione 2008.
4. Nomina Revisore dei conti - Triennio 2009-2011.
5. Piano particolareggiato del Parco del Molgora: esame osservazioni ed approvazione definitiva.
6. Convenzione tra i comuni componenti il Distretto 4 ASL MI2 Bellinzago, Bussero, Cambiago,
Carugate, Cassina dé Pecchi, Cernusco sul Naviglio, Gessate, Gorgonzola, Pessano con Bornago,
per la gestione associata delle funzioni , dei servizi e/o interventi sociali integrati del Piano di Zona 2009/2011.

Pessano con Bornago, 18 Novembre 2008

IL SINDACO
Caridi Giuseppe

lunedì 17 novembre 2008

CIRCOLO DI PESSANO CON BORNAGO

sede: Via Negroni 4


Cara democratica, caro democratico

Vi rammentiamo che potete intervenire durante gli incontri nelle serate del 1^ e 3^ giovedì del mese

dalle ore 21,15 in avanti


Il portavoce

G.Mazzurana

venerdì 14 novembre 2008

Gruppo consiliare del Partito Democratico in Regione Lombardia

COMUNICATO STAMPA

Badanti: il PD propone legge regionale per istituire albo e corsi di formazione

Le assistenti familiari in Lombardia sono 126mila, 400mila gli anziani non autosufficienti

Sono 126mila le badanti attive in Lombardia, di cui 117mila straniere. La gran parte è senza contratto (60% delle straniere, il 20% è clandestina), guadagna in media 850 euro lordi (1200 euro se ha il contratto) e assiste il 30% dei 400mila anziani lombardi non autosufficienti. Per queste figure, così importanti per la cura degli anziani, il gruppo regionale del PD propone che la Regione Lombardia si doti di una legge regionale ad hoc, che preveda l’istituzione un percorso di formazione, di un albo e di uno sportello comunale per facilitare l’incontro tra le famiglie di chi ha bisogno e le assistenti familiari, e che metta a disposizione risorse economiche che contribuiscano alla copertura degli oneri previdenziali.

“Crediamo sia importante riconoscere la scelta di chi ritiene di accudire in casa i propri congiunti non autosufficienti, e per farlo occorre innanzitutto riconoscere la figura professionale di queste persone che vivono e lavorano qui in Lombardia – spiega Maria Grazia Fabrizio, prima firmataria con Ardemia Oriani del progetto di legge -. Occorre garantire la semplificazione della ricerca dell’assistente familiare, e per questo abbiamo proposto l’albo e lo sportello comunale, ma occorre anche che le persone che svolgono questo delicato compito abbiano un minimo di formazione, che riguarda prima di tutto la lingua e poi l’igiene dell’assistito e della casa, le attenzioni da tenere nella preparazione dei pasti e anche un po’ di psicologia. Serve un percorso formativo gratuito, al termine dei quale si può, appunto, essere iscritti all’albo. Per far emergere il molto lavoro sommerso, la Regione dovrebbe anche, è la nostra proposta, intervenire con contributi economici alle famiglie per pagare una parte dei contributi”.

Il PD ha depositato la proposta di legge “perché su questo tema, molto sentito in Lombardia – continua Fabrizio – la Regione non ha una normativa e le famiglie sono in profonda solitudine, perché la politica dei buoni e dei voucher non funziona”.

Le dimensioni del fenomeno sono tracciate da Ardemia Oriani. “In Lombardia – spiega la consigliera regionale Pd - ci sono 556mila disabili di cui 400mila anziani. C’è grande bisogno di assistenza e l’offerta c’è, ma senza regole e con un gran numero di operatrici che vivono e lavorano in clandestinità, senza sicurezze per sé e per i loro assistiti. Si pensi che i lombardi spendono circa un miliardo l’anno per i ricoveri nelle case di riposo e molto di più viene speso per le assistenti familiari. La Regione può fare qualcosa ma occorrono risorse, perché quelle stanziate proprio per le assistenti familiari dal ministro Bindi, pari a 5 milioni per la Lombardia, ci saranno solo per quest’anno e non per gli anni prossimi, perché il Governo Berlusconi ha deciso di tagliare anche lì. Noi sfidiamo la Giunta regionale a predisporre un intervento organico e nel contempo chiediamo al Governo di tornare a stanziare fondi per la cura dei non autosufficienti”.

Milano, 12 novembre 2008

giovedì 13 novembre 2008

Che furbetto quel Brunetta

di Emiliano Fittipaldi e Marco Lillo

(tratto da l'Espresso)

La trasferta a Teramo per diventare professore. La casa con sconto dall'ente. Il rudere che si muta in villa. Le assenze in Europa e al Comune. Ecco la vera storia del ministro anti-fannulloni

La prima immagine di Renato Brunetta impressa nella memoria di un suo collega è quella di un giovane docente inginocchiato tra i cespugli del giardino dell'università a fare razzia di lumache. Lì per lì i professori non ci fecero caso, ma quella sera, invitati a cena a casa sua, quando Brunetta servì la zuppa, saltarono sulla sedia riconoscendo i molluschi a bagnomaria. Che serata. La vera sorpresa doveva ancora arrivare. Sul più bello lo chef si alzò in piedi e, senza un minimo di ironia, annunciò solennemente: "Entro dieci anni vinco il Nobel. Male che vada, sarò ministro". Eravamo a metà dei ruggenti anni '80, Brunetta era solo un professore associato e un consulente del ministro Gianni De Michelis.
Ci ha messo 13 anni in più, ma alla fine l'ex venditore ambulante di gondolette di plastica è stato di parola. In soli sette mesi di governo è diventato la star più splendente dell'esecutivo Berlusconi. La guerra ai fannulloni conquista da mesi i titoli dei telegiornali. I sondaggi lo incoronano - parole sue - 'Lorella Cuccarini' del governo, il più amato dagli italiani. Brunetta nella caccia alle streghe contro i dipendenti pubblici non conosce pietà. Ha ristretto il regime dei permessi per i parenti dei disabili, sogna i tornelli per controllare i magistrati nullafacenti e ha falciato i contratti a termine. Dagli altri pretende rigore, meritocrazia e stakanovismo, odia i furbi e gli sprechi di denaro pubblico, ma il suo curriculum non sempre brilla per coerenza. A 'L'espresso' risulta che i dati sulle presenze e le sue attività al Parlamento europeo non ne fanno un deputato modello. Anche la carriera accademica non è certo all'altezza di un Nobel. Ma c'è un settore nel quale l'ex consigliere di Bettino Craxi e Giuliano Amato ha dimostrato di essere davvero un guru dell'economia: la ricerca di immobili a basso costo, dove ha messo a segno affari impossibili per i comuni mortali.


Chi l'ha visto Appena venticinquenne, Brunetta entra nel dorato mondo dei consulenti (di cui oggi critica l'abuso). Viene nominato dall'allora ministro Gianni De Michelis coordinatore della commissione sul lavoro e stende un piano di riforma basato sulla flessibilità che gli costa l'odio delle Brigate rosse e lo costringe a una vita sotto scorta. Poi diventa consigliere del Cnel, in area socialista. Nel 1993, durante Mani Pulite firma la proposta di rinnovamento del Psi di Gino Giugni. Nel 1995 entra nella squadra che scrive il programma di Forza Italia e nel 1999 entra nel Parlamento europeo.
Proprio a Strasburgo, se avessero applicato la 'legge dei tornelli' invocata dal ministro, il professore non avrebbe fatto certo una bella figura. Secondo i calcoli fatti da 'L'espresso', in dieci anni è andato in seduta plenaria poco più di una volta su due. Per la precisione la frequenza tocca il 57,9 per cento. Con questi standard un impiegato (che non guadagna 12 mila euro al mese) potrebbe restare a casa 150 giorni l'anno. Ferie escluse. Lo stesso ministro ha ammesso in due lettere le sue performance: nella legislatura 1999-2004 ha varcato i cancelli solo 166 volte, pari al 53,7 per cento delle sedute totali. "Quasi nessun parlamentare va sotto il 50, perché in tal caso l'indennità per le spese generali viene dimezzata", spiegano i funzionari di Strasburgo. Nello stesso periodo il collega Giacomo Santini, Pdl, sfiorava il 98 per cento delle presenze, il leghista Mario Borghezio viaggiava sopra l'80 per cento. Il trend di Brunetta migliora nella seconda legislatura, quando prima di lasciare l'incarico per fare il ministro firma l'elenco (parole sue) 148 volte su 221. Molto meno comunque di altri colleghi di Forza Italia: nello stesso periodo Gabriele Albertini è presente 171 volte, Alfredo Antoniozzi e Francesco Musotto 164, Tajani, in veste di capogruppo, 203.
La produttività degli europarlamentari si misura dalle attività. In aula e in commissione. Anche in questo caso Brunetta non sembra primeggiare: in dieci anni ha compilato solo due relazioni, i cosiddetti rapporti di indirizzo, uno dei termometri principali per valutare l'efficienza degli eletti a Strasburgo. L'ultima è del 2000: nei successivi otto anni il carnet del ministro è desolatamente vuoto, fatta eccezione per le interrogazioni scritte, che sono - a detta di tutti - prassi assai poco impegnativa. Lui ne ha fatte 78. Un confronto? Il deputato Gianni Pittella, Pd, ne ha presentate 126. Non solo. Su 530 sedute totali, Brunetta si è alzato dalla sedia per illustrare interrogazioni orali solo 12 volte, mentre gli interventi in plenaria (dal 2004 al 2008) si contano su due mani. L'ultimo è del dicembre 2006, in cui prende la parola per "denunciare l'atteggiamento scortese e francamente anche violento" degli agenti di sicurezza: pare non lo volessero far entrare. Persino gli odiati politici comunisti, che secondo Brunetta "non hanno mai lavorato in vita loro", a Bruxelles faticano molto più di lui: nell'ultima legislatura il no global Vittorio Agnoletto e il rifondarolo Francesco Musacchio hanno percentuali di presenza record, tra il 90 e il 100 per cento.

Se la partecipazione ai lavori d'aula non è da seguace di Stakanov, neanche in commissione Brunetta appare troppo indaffarato. L'economista sul suo sito personale ci fa sapere che, da vicepresidente della commissione Industria, tra il 1999 e il 2001 ha partecipato alle riunioni solo la metà delle volte, mentre nel biennio 2002-2003, da membro titolare della delicata commissione per i Problemi economici e monetari, si è fatto vedere una volta su tre. Strasburgo è lontana dall'amata Venezia, ma non si tratta di un problema di distanza. A Ca' Loredan, nel municipio dove è stato consigliere comunale e capo dell'opposizione dal 2000 al 2005, il nemico dei fannulloni detiene il record. Su 208 sedute si è fatto vedere solo in 87 occasioni: quattro presenze su dieci, il peggiore fra tutti i 47 consiglieri veneziani.

Il bello del mattone
LA MAPPA DELLE PROPRIETA' DI BRUNETTA
Brunetta spendeva invece molto tempo libero per mettere a segno gli affari immobiliari della sua vita. Oggi il ministro possiede un patrimonio composto da sei immobili (due ereditati a metà con il fratello) sparsi tra Venezia, Roma, Ravello e l'Umbria, per un valore di svariati milioni di euro. "Mi piacciono le case e le ho pagate con i mutui", ha sempre detto. Effettivamente per comprare e ristrutturare la magione di 420 metri quadrati con terreno e piscina in Umbria, a Monte Castello di Vibio, vicino a Todi, Brunetta ha contratto un mutuo di 600 milioni di vecchie lire del 1993. Ma per acquistare la casa di Roma e quella di Ravello, visti i prezzi ribassati, non ne ha avuto bisogno. Cominciamo da quella di Roma. Alla fine degli anni Ottanta il rampante professore aveva bisogno di un alloggio nella capitale, dove soggiornava sempre più spesso per la sua attività politica. Un comune mortale sarebbe stato costretto a rivolgersi a un'agenzia immobiliare pagando le stratosferiche pigioni di mercato. Brunetta no.
Come tanti privilegiati, riesce a ottenere un appartamento dall'Inpdai, l'ente pubblico che dovrebbe sfruttare al meglio il suo patrimonio immobiliare per garantire le pensioni ai dirigenti delle aziende. Invece, in quel tempo, come 'L'espresso' ha raccontato nell'inchiesta 'Casa nostra' del 2007, gli appartamenti più belli finivano ai soliti noti. Brunetta incluso. Un affitto che in quegli anni era un sogno per tutti i romani, persino per i dirigenti iscritti all'Inpdai ai quali sarebbe spettato. Lo racconta Tommaso Pomponi, un ex dirigente della Rai ora in pensione, che ha presentato domanda alla fine degli anni Ottanta: "Nonostante fossi stato sfrattato, non ottenni nessuna risposta. Contattai presidente e direttore generale, scrissi lettere di protesta, inutilmente". Pomponi ha pagato per anni due milioni di lire di affitto e poi ha comprato a prezzi di mercato, come tutti. Il ministro, invece, dopo essere stato inquilino per più di 15 anni con canone che non ha mai superato i 350 euro al mese, ha consolidato il suo privilegio rendendolo perpetuo: nel novembre 2005 il patrimonio degli enti infatti è stato ceduto. Brunetta compra insieme agli altri inquilini ottenendo uno sconto superiore al 40 per cento sul valore di stima. Alla fine il prezzo spuntato dal grande moralizzatore del pubblico impiego è di 113 mila euro, per una casa di 4 vani catastali, situata in uno dei punti più belli di Roma. Si tratta di un quarto piano con due graziosi balconcini e una veranda in legno. Brunetta vede le rovine di Roma e il parco dell'Appia antica. Un appartamento simile a quello del ministro vale circa mezzo milione di euro: con i suoi 113 mila euro l'economista avrebbe potuto acquistare un box.
Un tuffo in Costiera Anche il buen retiro di Ravello è stato un affare immobiliare da Guinness. Brunetta, che si autodefinisce "un genio", diventa improvvisamente modesto quando passa in rassegna i suoi possedimenti campani. "Una proprietà scoscesa", ha definito questa splendida villa di 210 metri quadrati catastali immersa in 600 metri di giardino e frutteto. Seduto nel suo patio il ministro abbraccia con lo sguardo il blu e il verde, Ravello e Minori.

Per comprare i ruderi che ha poi ristrutturato ha speso 65 mila euro tra il 2003 e il 2005. "Quanto?", dice incredula Erminia Sammarco, titolare dell'agenzia immobiliare Tecnocasa di Amalfi: "Mi sembra impossibile: a quel prezzo un mio cliente ha venduto una stalla con un porcile". Oggi un rudere di 50 metri quadri costa circa 350 mila euro, e una villa simile a quella dell'economista supera di gran lunga il milione di euro. Il ministro ha certamente speso molto per la pregevole ristrutturazione, tanto che ha preso un mutuo da 300 mila euro poco dopo l'acquisto del 2003 che finirà di pagare nel 2018, ma ha indubbiamente moltiplicato l'investimento iniziale.


Ma come si fa a trasformare una catapecchia senza valore in una villa di pregio? 'L'espresso' ha consultato il catasto e gli atti pubblici scoprendo così che Brunetta ha comprato due proprietà distinte per complessivi sette vani catastali, affidando i lavori di restauro alla migliore ditta del luogo. Dopo la cura Brunetta, al posto dei ruderi si materializza una villetta su tre livelli su 172 metri quadrati più dépendance, rifiniture in pietra e sauna in costruzione. Per il catasto, invece, l'alloggio passa da civile a popolare. In compenso, i sette vani sono diventati 12 e mezzo. Come è stata possibile questa lievitazione? "Diversa distribuzione degli spazi interni", dicono le carte. La signora Lidia Carotenuto, che fino al 2002 era proprietaria del piano inferiore, ricorda con un po' di malinconia: "La mia casa era composta di due stanzette, al massimo saranno stati 40 metri quadrati e sopra c'era un altro appartamento (che misurava 80 metri catastali, ndr) in rovina. So che ora il Comune di Ravello sta costruendo una strada che passerà vicino all'abitazione del ministro. Io non avrei venduto nulla se l'avessero fatta prima...". A rappresentare Brunetta nell'atto di acquisto della dépendance nel 2005 è stato il geometra Nicola Fiore, che aveva seguito in precedenza anche le pratiche urbanistiche. Fiore era all'epoca assessore al Bilancio del comune, guidato dal sindaco Secondo Amalfitano, del Partito democratico. I rapporti con il primo cittadino è ottimo: Brunetta entra nella Fondazione Ravello. E quest'anno, dopo le elezioni, Amalfitano fa il salto della barricata, entra nel Pdl e lascia la Costiera per Roma dove viene nominato suo consigliere ministeriale.
Il Nobel mancato "Io sono un professore di economia del lavoro, l'ho guadagnato con le unghie e con i denti. Sono uno dei più bravi d'Italia, forse d'Europa", ha spiegato Brunetta ad Alain Elkann, che di rimbalzo lo ha definito "un maestro della pasta e fagioli" prima di chiedergli la ricetta del piatto. L'economista Ada Becchi Collidà, che ha lavorato nello stesso dipartimento per otto anni, dice senza giri di parole che "Renato non è uno studioso. È prevalentemente un organizzatore, che sa dare il meglio di sé quando deve mettere insieme risorse". Alla facoltà di Architettura di Venezia entra nel 1982, dopo aver guadagnato l'idoneità a professore associato in economia l'anno precedente. Come ha ricordato in Parlamento il deputato democratico Giovanni Bachelet, Brunetta non diventa professore con un vero concorso, ma approfitta di una "grande sanatoria" per i precari che gravitavano nell'università. Una definizione contestata dal ministro, che replica: avevo già tutti i titoli.
In cattedra Secondo il curriculum pubblicato sul sito dell'ateneo di Tor Vergata (dove insegna dal 1991), al tempo il giovane Brunetta poteva vantare poche pubblicazioni: una monografia di 500 pagine e due saggi. Il primo era composto di dieci pagine ed era scritto a sei mani, il secondo era un pezzo sulla riduzione dell'orario edito da 'Economia&Lavoro', la rivista della Fondazione Brodolini, di area socialista, che Brunetta stesso andrà a dirigere nel 1980. Tutto qui? Nel mondo della ricerca esistono diverse banche dati per valutare il lavoro di uno studioso. Oggi Brunetta si trova in buona posizione su quella Econlit, che misura il numero delle pubblicazioni rilevanti: 30, più della media dei suoi colleghi. La musica cambia se si guarda l'indice Isi-Thompson, quello che calcola le citazioni che un autore ha ottenuto in lavori successivi: una misura indiretta e certo non infallibile della qualità di una pubblicazione, ma che permette di farsi un'idea sull'importanza di un docente. L'indice di citazioni di Brunetta è fermo sullo zero.

Le valutazioni degli indicatori sono discutibili, ma di sicuro il mondo accademico non lo ha mai amato: "L'università ha sempre visto in lui il politico, non lo scienziato", ricorda l'ex rettore dello Iuav di Venezia, Marino Folin. Nel 1991, da professore associato, riesce a trasferirsi all'Università di Tor Vergata. In attesa del Nobel, tenta almeno di diventare professore ordinario partecipando al concorso nazionale del 1992. In un primo momento viene inserito tra i 17 vincitori. Ma un commissario, Bruno Sitzia, rimette tutto in discussione. Scrive una lettera e, senza riferirsi a Brunetta, denuncia la lottizzazione e la poca trasparenza dei criteri di selezione. "Si discusse anche di Brunetta, e ci furono delle obiezioni", ricorda un commissario che chiede l'anonimato: "La situazione era curiosa: la maggioranza del collegio era favorevole a includere l'attuale ministro, ma non per i suoi meriti, bensì perché era stato trovato l'accordo che faceva contenti tutti. Comunque c'erano candidati peggiori di lui". Il braccio di ferro durò mesi, poi il presidente si dimise. E la nuova commissione escluse Brunetta. Il professore 'migliore d'Europa' viene bocciato. Un'umiliazione insopportabile. Così fa ricorso al Tar, che gli dà torto. Poi si appella al Consiglio di Stato, ma poco prima della decisione si ritira in buon ordine. Nel 1999 era riuscito infatti a trovare una strada per salire sulla cattedra. Un lungo giro che valica l'Appennino e si arrampica alle pendici del Gran Sasso, ma che si rivela proficuo. È a Teramo che ottiene infine il riconoscimento: l'alfiere della meritocrazia, bocciato al concorso nazionale, riesce a conquistare il titolo di ordinario grazie all'introduzione dei più facili concorsi locali. Nel 1999 partecipa al bando di Teramo, la terza università d'Abruzzo. Il posto è uno solo ma vengono designati tre vincitori. La cattedra va al candidato del luogo ma anche gli altri due ottengono 'l'idoneità'. Brunetta è uno dei due e torna a Tor Vergata con la promozione. Un'ultima nota. A leggere le carte del concorso, fino al 2000 Brunetta "è professore associato a Tor Vergata". La stranezza è che il curriculum ufficiale - pubblicato sul sito della facoltà del ministro - lo definisce "professore ordinario dal 1996". Quattro anni prima: errore materiale o un nuovo eccesso di ego del Nobel mancato?

Hanno collaborato Michele Cinque e Alberto Vitucci

(13 novembre 2008)

domenica 9 novembre 2008

Pubblichiamo integralmente il comunicato dei docenti

dell'Istituto Comprensivo Statale "Daniela Mauro"


 

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Al Consiglio Comunale del Comune di Pessano con Bornago


 


 

Oggetto:COMUNICATO DOCENTI - I.C.S. "Daniela Mauro"


 

Le docenti e i docenti dell'Istituto Comprensivo Statale "Daniela Mauro" di Pessano con Bornago, firmatari del comunicato in allegato,

CHIEDONO

al Consiglio Comunale di "FAR PROPRIO" quanto espresso nel comunicato stesso, tenendo presente anche il numero di firme raccolte, e di inviare il tutto al Ministero dell'Istruzione,dell'Università e della Ricerca.


 

Ringraziamo e porgiamo cordiali saluti.

Le docenti e i docenti firmatari

Pessano con Bornago 3 novembre 2008

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(l'allegato)

PERCHE' NOI INSEGNANTI DELL'ISTITUTO COMPRENSIVO DI PESSANO CON BORNAGO RITENIAMO SBAGLIATA LA RIFORMA GELMINI…

PERCHE' CHIEDIAMO AI GENITORI DEGLI ALUNNI E ALLA CITTADINANZA TUTTA DI SOSTENERE LA NOSTRA INIZIATIVA

Pur avendo da subito riconosciuto al Ministro Gelmini, il diritto/dovere di aver promosso una riforma dell'ordinamento scolastico, eravamo e siamo convinti, anche per una semplice questione di buon senso, che la riforma di un settore fondamentale per il futuro dei nostri figli avrebbe dovuto essere esaminata, discussa e portata avanti insieme a chi nella scuola ci lavora da sempre e a chi usufruisce di questo servizio essenziale, non contro di loro.

Il Ministro della Pubblica Istruzione invece, entrato in carica a scuole ormai chiuse, ha presentato alla riapertura delle stesse un decreto legge elaborato a tavolino, senza alcun confronto con le realtà scolastiche e senza la minima disponibilità a modificarlo e, nonostante le vive proteste arrivate da ogni parte del paese, lo ha fatto approvare a colpi di fiducia dalla maggioranza parlamentare che sostiene il governo.

Ma se con questo atto il ministro ritiene di aver chiuso la questione, ha sbagliato i suoi conti: la gran parte dei docenti,degli studenti e dei loro familiari, non ha alcuna intenzione di accettare queste inevitabili conseguenze:


 

SCUOLA DELL'INFANZIA

.
Sarà garantita solo la fascia antimeridiana, con un unico insegnante.


 

SCUOLA PRIMARIA

. Un unico maestro si dovrà occupare delle competenze letterarie e di quelle matematico scientifiche, nonché gestire classi più numerose di quelle attuali, e per un massimo di 4-5 ore al giorno


. Alcune materie, come musica, informatica, arte verranno di fatto trascurate, se non abolite

. Gli specialisti di inglese verranno rimossi e sostituiti da una parte di quei maestri in esubero, che con solo qualche decina di ore di corso dovrebbero imparare non solo la lingua, ma anche come insegnarla correttamente

. L 'attuale tempo pieno diventerà una specie di doposcuola, gestito non si sa ancora da chi, e con quali soldi

. Diventeranno quasi impossibili le gite e le uscite sul territorio, dal momento che per più di 15 bambini occorrono due insegnanti


 

. L'attuale sistema di accoglienza e di inserimento nelle classi dei bambini di origine straniera, sarà sostituito da classi differenziate.


 


 

SCUOLA SECONDARIA DI I° E II° GRADO


 

. Eliminato
il tempo prolungato

. Riduzione
delle ore settimanali

. Drastica riduzione dei lavoratori, dei recuperi, delle compresenze

. Drastica riduzione anche degli insegnanti di sostegno, con tutte le immaginabili conseguenze che ne deriveranno


 


 

e inoltre, UN PO' PER TUTTI:

. Classi sovraffollate e quindi difficilmente gestibili e governabili

. Tantissimi docenti precari (circa 150.000…) si ritroveranno senza lavoro, e altrettante famiglie in difficoltà

. Drastica
riduzione del personale non docente


 

Per quanto riguarda poi l'UNIVERSITA', dopo aver messo, con i tagli di fondi, la pietra tombale sulla ricerca, fatto che costringerà i nostri giovani migliori a cercare di continuare la loro attività andandosene dall'Italia, il ministro promette nuovi interventi a breve: attendiamo le sue proposte, sperando che le nuove decisioni cessino di essere prese senza consultazione con i diretti interessati.


 

PERCHE' IN FONDO E' SOLO QUESTO CHE CHIEDIAMO AL MINISTRO:

DI AVVIARE UN SERIO CONFRONTO CHE PORTI A UNA RIFORMA
PARTECIPATA, CONDIVISA E MIGLIORATIVA DELLA SCUOLA, CHE PUR ELIMINANDO GLI SPRECHI, NON DISTRUGGA QUANTO DI BUONO SI E' COSTRUITO FINO AD ORA!!!


 

             Le Docenti e i Docenti firmatari

sabato 8 novembre 2008

Campagna adesioni


Cara democratica,

Caro democratico,

il Partito Democratico l'abbiamo fatto nascere con la grande partecipazione popolare delle elezioni primario con l'ambizione di riunire tutti i riformatori, i democratici, i progressisti che hanno a cuore il futuro del nostro Paese.

La strada per la costruzione del nostro Partito, con la elezione degli organismi ai vari livelli, non è stata interrotta dalla sconfitta elettorale.

Oggi è ancora più importante radicare e organizzare tra la gente il Partito Democratico, cui guardano con speranza milioni di italiani come possibile alternativa a chi oggi, pro tempore, governa la nazione e trascura le questioni che interessano le famiglie, i lavoratori, i pensionati, gli imprenditori .

Anzi , in una fase economica allarmante, il Governo non appronta politiche volte al sostegno dei redditi, dello sviluppo , dell'occupazione e della qualità di servizi fondamentali quali scuola e sanità, ma è impegnato a difendere una manovra economica che trascura i dati che indicano il nostro Paese sull'orlo della recessione.

Il Partito Democratico è fortemente impegnato nelle Istituzioni dove amministra e governa con azioni concrete alle domande, alle ansie, alle speranze dei cittadini e, siamo certi, sarà chiamato ad esercitare un ruolo per il nostro futuro.

Anche per queste ragioni ti chiediamo di partecipare e sostenere il P.D., a partire da un segno tangibile di adesione alla Campagna di Tesseramento 2008-2009.

E' importante sostenere le persone che nel P.D. si battono per una politica giusta, seria, capace, che risponda alle esigenze dei cittadini e siamo certi che anche Tu vorrai contribuire a far sentire la Tua voce e il Tuo sostegno a una prospettiva di speranza.

Per poter aderire il primo appuntamento è fissato


domenica 16 novembre 2008, presso la Sede di via Negroni, dalle 10 alle 12


dove potrete intervenire anche durante gli incontri nelle serate del 1^ e 3^ giovedì del mese dalle ore 21,15 in avanti.


Il portavoce

G. Mazzurana


Pd Info n. 5

7 Novembre 2008

Cari Circoli,
in questa settimana ho avuto l’opportunità di essere a Chicago dove ho seguito gli ultimi giorni di campagna elettorale e l’esaltante notte che ha visto Barack Obama diventare presidente. Vi giro più sotto un articolo che ho scritto e che è apparso ieri su Repubblica in cui racconto parte di ciò che ho vissuto e dei pensieri che questo fatto storico ha suscitato in me. Avremo ancora occasione di parlarne. Un caro saluto e appuntamento alla prossima settimana!

Maurizio Martina
Segretario regionale Pd Lombardia

da “Repubblica-Milano” 6/11/’08, pagg. I,VII

Ecco cosa ho imparato nella notte di Obama

A quarant’anni dalla fine della segregazione razziale il popolo americano ha eletto il suo primo presidente afroamericano con una vittoria schiacciante, mai realizzata prima d’ora. Sarà davvero difficile dimenticare la serata che ho passato a Chicago sulla spianata del Grant Park riempita all’inverosimile da migliaia di persone letteralmente impazzite per la vittoria di Barack Obama.

Il 4 novembre si è fatta la storia. Dopo una lunghissima e durissima campagna elettorale si è passati dal sogno alla realtà. I repubblicani perdono il governo del paese, ridimensionati drasticamente dopo gli effetti della cura Bush e della dottrina neoconservatrice dei falchi di Washington. Ma anche i Democratici cambiano pelle, trascinati dalla valanga di nuove energie che ha imposto loro e alle grandi famiglie liberal un inarrestabile cambio di passo.

Il protagonismo delle nuove generazioni finalmente c’era e lo vedevi sui volti delle migliaia di ragazzi che assiepavano la festa finale. Sono stati loro, infatti, a fare la differenza dando vita a un’incredibile macchina organizzativa che dal web al porta a porta ha battuto, giorno per giorno, ogni angolo di questo immenso paese. La festa di Chicago è stata soprattutto il loro urlo di liberazione e di gioia.

Ma quello che è successo con il voto americano ci offre alcune lezioni da ricordare. La prima fra tutte è che questo paese, nonostante tutti i problemi e le difficoltà che sta attraversando, torna a essere orgoglioso di sé. È stato impressionante vedere il coinvolgimento con il quale giovani e vecchi, bianchi e neri hanno religiosamente ascoltato l’inno nazionale pronunciando subito dopo la preghiera laica del giuramento alla bandiera. Dalle nostre parti, invece, un personaggio che invita a bruciare il tricolore può diventare, anzi è diventato ministro. Porterò sempre con me anche il lungo, convinto e rispettoso applauso che la folla democratica ha tributato al senatore John McCain quando dai maxischermi ha reso omaggio al nuovo presidente degli Stati Uniti , fino a pochi minuti prima suo duro sfidante. Le stesse parole pronunciate da McCain sono state sono state un fatto straordinario rispetto all’esperienza italiana. «State tranquilli, non avete perso voi, ho perso io», ha esordito il senatore repubblicano davanti ai suoi sostenitori. E poi, ancora, «sarò onorato di servire il nuovo presidente degli Stati Uniti che è anche il mio presidente». Davvero un altro mondo rispetto al provincialismo e alle bassezze di certa nostra politica. Quel che ci portiamo da Chicago è anche questo.

Il voto non ha riguardato solo gli States ma il mondo intero. Abbiamo respirato questo clima e ritorniamo con la consapevolezza che il cambiamento non va predicato ma praticato giorno per giorno con la battaglia delle idee. Questo è ciò che ha fatto Obama sferzando il torpore dei Democratici sopiti da otto anni di sconfitte e lacerazioni profonde. Nel nostro dibattito il tema del rinnovamento generazionale viene spesso evocato da chi non l’ha mai perseguito. Come se bastasse annunciarlo per avere la coscienza a posto.

A quelli della mia generazione che vogliono quindi provarci tocca il compito di non aspettare che qualcuno lasci loro il passo. In fondo la lezione di Chicago è anche questa.


PD INSORGE

Il Pd insorge contro gli ''insulti'' arrivati dal presidente del Consiglio da Mosca, dopo che le sue frasi sul presidente eletto degli Stati Uniti, Barack Obama avevano sollevato una pioggia di critiche da parte dell'opposizione. ''Non e' normale ne' accettabile che un presidente del Consiglio si rivolga in quel modo all'opposizione'', attacca Dario Franceschini, vicesegretario del Pd, in una conferenza stampa alla Camera: ''Ha iniziato mandandoci a quel paese, poi ci ha dato degli imbecilli e alla fine la laurea dei coglioni. Non e' accettabile, non esiste un paese al mondo dove il capo del governo si rivolge cosi' all'opposizione''.

''Alle nostre critiche - ha ribadito - che non avevano nessun carattere d'insulto, ma erano politiche, il presidente del Consiglio ha sfornato una serie di insulti e offese. Dobbiamo mettere fine a questa escalation, perche' chi ha una responsabilita' politica e' anche un modello di comportamento''. Avanti di questo passo, e' il ragionamento del numero due del Pd, i ragazzi a scuola ''saranno inevitabilmente portati a credere che se un insegnante li critica possono dargli dell'imbecille o del coglione''. Per Franceschini ''e' necessario reagire con determinazione perche' il rischio e' l'assuefazione. Non si puo' - insiste - ricorrere al turpiloquio. Qui siamo oltre lo scontro politico siamo all'insulto volgare. Immaginate Sarkozy che da del coglione a Segolene Royal, o Gordon Brown a Cameron. Non e' normale, bisogna reagire e noi chiediamo anche all'informazione, agli intellettuali, agli opinion leader del nostro paese di intervenire per riportare alla normalita' le cose''.

(ANSA)

mercoledì 5 novembre 2008

Obama: “è arrivato il cambiamento”

E' avvenuto, Barack OBAMA è il 44° Presidente americano!

Il primo uomo di colore alla Casa Bianca.!!!


All'indomani del voto americano, che ha visto scendere in strada a votare , tanti americani, molti di piu' che nel passato, è piu' che logico chiedersi come mai tante aspettative, sia nel popolo americano che nel mondo, e cosa puo' cambiare.

Otto anni di amministrazione Bush, hanno lasciato il' paese leader mondiale, sull'orlo del baratro, nel pieno della piu' grande recessione che si ricordi dopo il 1929, un paese che vede aumentare il numero dei poveri, soprattutto nel cuore della classe sociale borghese che rappresenta il motore del paese, e soprattutto ha lasciato un paese in guerra.

All'indomani dell'11 Settembre, tutto il mondo scese al fianco degli americani a sostegno del loro dolore, e l'America godeva del piu' ampio consenso mondiale, ma grazie ad un'amministrazione incapace di scelte, che non fossero dettate da soli interessi economici, si è inoltrata in una guerra (IRAK) che agli occhi di tutto il mondo, e soprattutto del Medio Oriente, ha trasformato il paese, da vittima a persecutore di un popolo che mai aveva attaccato gli americani e soprattutto non aveva armi di distruzione di massa.

L'amministrazione Bush, ha trasformato, il sogno americano nel mondo, in un incubo: mai l'antiamericanismo è stato cosi forte.

E pensare che il nostro Presidente del Consiglio, ha chiamato Bush un suo grande amico.

Anche il popolo americano ha capito quanti danni ha fatto l'amministrazione Bush, e al di la del solito zoccolo conservatore, la stragrande maggioranza americana è andata a votare per chiedere un grande cambiamento.

Sono in molti a vedere in OBAMA il nuovo Kennedy e molti hanno intravisto nel futuro che lui rappresenta, anche il nuovo Roosvelt e il miracolo americano del New Deal.

OBAMA, non solo è giovane ma è anche il primo uomo di colore che sale alla CASA BIANCA e quest'ultimo elemento non può e non deve essere sottovalutato, perché se in America rappresenta un simbolo per tutti i neri nell'ottica di un loro riscatto, questa novità porterà grandi novità anche nel nostro continente investito da un grande vento di razzismo.

OBAMA rappresenta il simbolo che è possibile l'integrazione sociale e che essa è il futuro.

Ad OBAMA ora spetta un incarico difficile, ma se guardiamo a come ha affrontato la campagna elettorale siamo certi che si saprà accerchiare di persone capaci per affrontare il disastro che gli viene lasciato in mano.

Ci aspettiamo un'America che innanzitutto nel fronte interno affronti la sua piu' grande crisi, non avvantaggiando solo i capitalisti, ma guardando alle esigenze della gente comune e permettendo loro di riprendersi in mano la propria vita.

Ci aspettiamo che anche in America ritorni quello stato sociale che Bush è riuscito a smantellare.

Ma inevitabilmente dall'America di OBAMA ci aspettiamo che sappia svolgere la sua politica estera nell'ottica del multilateralismo coinvolgendo tutti coloro che possono dare respiro al mondo, ci aspettiamo che sappia affrontare il pericolo Medio Oriente e soprattutto l'insidia IRAN senza cadere nell'uso della forza..

Ci aspettiamo um miglioramento nei rapporti con la Russia e con la Cina.

Ci aspettiamo un'America che metta da parte l'ascia per riprendere in mano le armi della diplomazia.

Infine da Europei e da Italiani, sappiamo che se OBAMA, saprà affrontare tutti questi grandi problemi, nel modo giusto, tutto ciò si riverberà sul nostro continente in modo positivo sia dal punto di vista economico ma anche dal punto di vista politico.

Anche noi ci aspettiamo molto da Lui: FORZA OBAMA.

lunedì 3 novembre 2008

convocazione coordinamento

Buongiorno amiche e amici,
questi mesi hanno visto impegnato il nostro Partito nella costruzione degli assetti organizzativi ai vari livelli. Questa fase ora procede con la elezione dell'assemblea metropolitana del partito e con l'elezione dei responsabili di zona.
Il regolamento relativo a queste elezioni l'abbiamo trasmesso nelle settimane scorse.
Approssimandosi la data prevista di questi appuntamenti, è convocata la riunione per giovedì 6 novembre 2008 alle ore 21,30 presso la sede in via Negroni, 4,
avente il seguente o.d.g.
1 - elezioni
2 - tesseramento
3 - iniziative sul territorio
Considerata l'importanza degli argomenti, non mancate.
Fraterni saluti.
Il portavoce
Giordano Mazzurana

domenica 2 novembre 2008

IL PUNTO…

IL PUNTO SULLA POLITICA NAZIONALE: DALLA SCUOLA AL RUOLO DELLE PROVINCE E DELLE AREE METROPOLITANE


L'impegno del centrodestra era chiaro: una legislatura costituente. Invece… passano i mesi e all'orizzonte non si vede nulla



"Questa sarà una legislatura costituente!", ha ripetutamente annunciato il centrodestra, vincitore delle elezioni. Intanto, però, i mesi passano, e non si vede alcunché. C'era fretta, invece, di intervenire sulla scuola, con un atto un po' esageratamente spacciato come "riforma", una riforma, oltre tutto, approvata con un provvedimento di urgenza, che non ha consentito l'indispensabile approfondimento che la materia, comunque, richiedeva e richiede. D'altronde, il decreto legge era prevalentemente motivato dalle esigenze di cassa avanzate da Tremonti, come sappiamo.


Certo, c'è anche qualcosa di ordinamentale in esso: il grembiulino alle elementari (la sola scelta che, in verità, non mi scandalizza), il ritorno al voto numerico (assai più efficace di un giudizio di "insufficiente, sufficiente, buono, ottimo"?), nonché al voto in condotta, il quale ultimo sarà, ovviamente, risolutivo per cancellare il bullismo, dentro e, soprattutto, fuori dalle aule (!). Ma la decisione clou, o comunque di maggiore impatto mediatico, è rappresentata dal ritorno al maestro unico, decisione con la quale la destra ha finto di volersi rifare ad una scuola primaria di stampo deamicisiano. Di un mondo, cioè, che non esiste più, come la stessa destra sa perfettamente, essendosi affiliata al padrone di quelle televisioni private che, negli ultimi decenni, hanno inondato il paese di una subcultura che ha distrutto tutti i valori. Da cattolico, al vescovo di Como, responsabile dell'ufficio scuola della CEI, che sostanzialmente conveniva con tale scelta, mi permetto di segnalare che l'opinione di qualificati esponenti dell'importante associazione maestri cattolici è opposta. Infine, sulla questione tempo pieno è netta l'impressione che il governo si stia arrampicando sui vetri, quando afferma che sostanzialmente non cambierà nulla, anche se l'orario di insegnamento sarà di 24 ore settimanali, da svolgersi al mattino. Mi par di capire, allora, che, al massimo, potremmo ritornare al vecchio doposcuola, eventualmente pagato dai Comuni, ormai finanziariamente esausti.


A proposito delle manifestazioni studentesche: piazza, semplicemente, manovrata dalle sinistre? Venendo dalla DC, questa frase l'ho sentita pronunciare diverse volte, a suo tempo, in casa mia, in occasione di manifestazioni di altri tempi (nelle quali qualche testa calda c'era inevitabilmente sempre, vuoi di qua, vuoi di là). Ma a me pare che, oggi, la spontaneità della protesta di studenti, professori e genitori sia davvero genuina. In ogni caso, a questi nuovi eredi della DC che ci governano vorrei ricordare che difficilmente quel partito, vocato per definizione alla mediazione, avrebbe mostrato tanta arroganza.


"Legislatura costituente!", dicevo. In proposito, passando dalla scuola ad altro argomento, a Milano siamo in attesa degli annunciati provvedimenti riguardanti la città metropolitana, dopo aver sentito anche le convinte affermazioni favorevoli in proposito del Sindaco e del Presidente della Provincia. In verità, v'è bisogno di una riforma più complessiva (pur se graduale) del nostro sistema istituzionale, che preveda anche una significativa riduzione del numero dei parlamentari (considerato che alle Regioni è stata ormai conferita un'amplissima competenza legislativa), il superamento del cosiddetto bicameralismo perfetto e la creazione del Senato delle autonomie, la definizione delle funzioni fondamentali degli enti locali (Comuni, Province e, appunto, città metropolitane), che ha da essere perlomeno contestuale alla realizzazione di quel federalismo fiscale (che noi vogliamo anche solidale) oggi sulla bocca di tutti. Il sistema di finanziamento, cioè, deve marciare di pari passo con la precisa individuazione delle funzioni di ciascun livello di governo. In proposito, è impensabile rimettere in discussione, a pochi anni da una riforma costituzionale importante, il ruolo delle Province, io credo, cui debbono essere definitivamente affidate tutte le (poche) funzioni di area vasta nel governo delle reti e delle politiche territoriali, di pianificazione e di coordinamento dello sviluppo economico locale, di sussidiarietà a supporto dei Comuni, ai quali ultimi devono però essere conferite tutte le funzioni di prossimità, e dunque i servizi alla persona. Certo, un intervento di razionalizzazione sulla dimensione territoriale e sul numero minimo di abitanti che dovrebbero avere una Provincia può avere senso. Non, invece, l'obiettivo di fare di questi enti il capro espiatorio nella battaglia contro i costi della politica. Il nostro paese va dunque dotato di un organico ed efficiente sistema ordina mentale, che eviti sovrapposizioni, confusioni di ruoli e diseconomie. Serve una carta delle autonomie che superi l'attuale testo unico degli enti locali, oltretutto infarcito di assurde norme di dettaglio. Per gli stessi in particolare (ma non solo), poi, nella prospettiva della riforma si pone altresì l'inderogabile obiettivo di rivalorizzare il ruolo politico e istituzionale delle assemblee elettive, per farle diventare sempre di più - come ha ricordato a Torino, anche su impulso degli stessi presidenti dei consigli provinciali, il presidente UPI - il luogo in cui viene definito l'indirizzo politico generale, in cui si deliberano le norme fondamentali per l'organizzazione dell'ente e per l'esercizio delle sue funzioni, in cui si verificano le scelte compiute dall'amministrazione secondo un circuito ispirato alla trasparenza e al controllo democratico.


Oggi, le cose non vanno bene, in proposito, a conferma che la normativa vigente è inappropriata, al di là degli sforzi di autonomia che in qualche ente si sono pur evidenziati. Anche a questo fine va decisamente ripensata l'esistenza (ne ha fatto un forte cenno, sempre all'UPI, il presidente della Provincia di Ascoli Piceno) di quella miriade di organismi, agenzie, ATO, consorzi ed enti di secondo grado, proliferati in questi anni al di fuori dei livelli di governo individuati dal titolo V della Costituzione, non tanto allo scopo della gestione associata di servizi (cosa che sarebbe pur virtuosa), ma con l'intento di disgregare la governance organica del territorio e delle sue risorse, moltiplicando, questi sì, i posti e i costi della politica. La città
metropolitana, infine: per istituirla occorrerebbero tempi rapidissimi e una sostanziale modifica delle attuali norme. Servono ovviamente percorsi differenziati in relazione alla specificità delle singole realtà (pensiamo, appunto, a Milano in particolare). Per realizzare la stessa devono scomparire sia il Comune capoluogo (da suddividere in municipalità di adeguata dimensione) che la Provincia: sarebbe impensabile (ed inutile, credo) attuarla semplicemente determinando la sola scomparsa di quest'ultima e caricando sul Comune capoluogo il ruolo di guida. Tanto più nella nostra realtà, dove vi sono decine di Comuni con popolazione non certo piccola, che non accetterebbero un capoluogocentrismo. C'è poi, da noi, la questione della Provincia di Monza, la parte del territorio più conurbata con Milano, che se ne va, diventando autonoma. Allora, un forte dubbio: una città metropolitana milanese che sia un serio e forte livello istituzionale davvero utile ai cittadini rimarrà un'utopia?

VINCENZO ORTOLINA

Milano, ottobre 2008