giovedì 5 novembre 2009

sentenza della Corte sul Crocifisso nelle aule

Comunicato Stampa Patrizia TOIA, Gianluca SUSTA, Silvia COSTA, Deputati Europei Partito Democratico

 "Di tutto abbiamo bisogno salvo che di nuove guerre sui simboli religiosi".

Silvia Costa, Patrizia Toia e Gianluca Susta - parlamentari europei del PD - commentano così la sentenza della Corte di Strasburgo secondo cui la presenza del Crocefisso nelle aule costituisce una violazione del diritto dei genitori di educare i figli secondo le loro convinzioni-

Secondo i Parlamentari italiani, "L'interculturalità - di cui sempre più dovranno tenere conto gli ordinamenti degli Stati nazionali e la legislazione europea - ha come fondamento la convivenza delle diverse identità, non la loro cancellazione. Non aiutano sentenze che scambiano per violazione dei diritti umani l'esposizione di simboli - come il Crocefisso - che non sono solo religiosi, ma che fanno riferimento a comuni basi culturali e civili della nostra tradizione, italiana ed europea".

"Vietare il Crocefisso nelle aule - concludono Silvia Costa, Patrizia Toia e Gianluca Susta - fa il pari con il divieto di indossare il velo alle donne islamiche e tutto ciò non aiuta una serena integrazione nella società. Ricordiamo, infine, che se è vero che la Corte di Giustizia trova in un Trattato Internazionale il fondamento della propria competenza, è altrettanto vero che, in Italia, norme di rango costituzionale, ex art. 7 della Costituzione, prevedono la possibilità di esposizione del Crocefisso, in luoghi pubblici, che la Corte di Strasburgo, invece, condanna! 

 "Anche riletto il giorno dopo, il pronunciamento della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo si rivela per noi non giusto e non condivisibile", ribadiscono i deputati del Parlamento Europeo Silvia Costa, Patrizia Toia e Gianluca Susta, che già ieri , a notizia appena arrivata, avevano preso posizione.

"Innanzitutto bisogna fare chiarezza dicendo che la Corte in questione non é un organismo dell'Unione Europea. Vi é stata infatti a riguardo una grossolana confusione che alcuni giornali hanno fatto, alimentando, forse volutamente una ostilità e una diffidenza verso l'Europa.

Il pronunciamento non nasce infatti dall'Unione Europea, bensì nell'ambito della Convenzione Europea sui Diritti dell'Uomo, riconosciuta dal Consiglio d'Europa, che é un'organizzazione di ben 47 paesi che comprende ad esempio il Kazakistan e altri paesi ben lontani dal nostro continente.

Non si può pertanto attribuire allo "spirito europeo" e al diritto Comunitario questa posizione che in nome di una presunta violazione del diritto dei genitori di educare i propri figli secondo le proprie convinzioni, rischia di alimentare contrapposizioni e guerre sui simboli religiosi di cui non vi é proprio bisogno.

Rivolgendosi a paesi così diversi e lontani per cultura e tradizioni, il pronunciamento sortisce effetti diversi.

All'Italia "fa più male", e noi la riteniamo da respingere, in quanto viene a colpire simboli che per la nostra storia hanno un carattere non solo religioso ma d'identità ideale e culturale per tutta la comunità nazionale.

Per questo auspichiamo che ogni interpretazione dei diritti di libertà sia più attenta e rispettosa delle storie e delle sensibilità nazionali."

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