sabato 8 novembre 2008

Pd Info n. 5

7 Novembre 2008

Cari Circoli,
in questa settimana ho avuto l’opportunità di essere a Chicago dove ho seguito gli ultimi giorni di campagna elettorale e l’esaltante notte che ha visto Barack Obama diventare presidente. Vi giro più sotto un articolo che ho scritto e che è apparso ieri su Repubblica in cui racconto parte di ciò che ho vissuto e dei pensieri che questo fatto storico ha suscitato in me. Avremo ancora occasione di parlarne. Un caro saluto e appuntamento alla prossima settimana!

Maurizio Martina
Segretario regionale Pd Lombardia

da “Repubblica-Milano” 6/11/’08, pagg. I,VII

Ecco cosa ho imparato nella notte di Obama

A quarant’anni dalla fine della segregazione razziale il popolo americano ha eletto il suo primo presidente afroamericano con una vittoria schiacciante, mai realizzata prima d’ora. Sarà davvero difficile dimenticare la serata che ho passato a Chicago sulla spianata del Grant Park riempita all’inverosimile da migliaia di persone letteralmente impazzite per la vittoria di Barack Obama.

Il 4 novembre si è fatta la storia. Dopo una lunghissima e durissima campagna elettorale si è passati dal sogno alla realtà. I repubblicani perdono il governo del paese, ridimensionati drasticamente dopo gli effetti della cura Bush e della dottrina neoconservatrice dei falchi di Washington. Ma anche i Democratici cambiano pelle, trascinati dalla valanga di nuove energie che ha imposto loro e alle grandi famiglie liberal un inarrestabile cambio di passo.

Il protagonismo delle nuove generazioni finalmente c’era e lo vedevi sui volti delle migliaia di ragazzi che assiepavano la festa finale. Sono stati loro, infatti, a fare la differenza dando vita a un’incredibile macchina organizzativa che dal web al porta a porta ha battuto, giorno per giorno, ogni angolo di questo immenso paese. La festa di Chicago è stata soprattutto il loro urlo di liberazione e di gioia.

Ma quello che è successo con il voto americano ci offre alcune lezioni da ricordare. La prima fra tutte è che questo paese, nonostante tutti i problemi e le difficoltà che sta attraversando, torna a essere orgoglioso di sé. È stato impressionante vedere il coinvolgimento con il quale giovani e vecchi, bianchi e neri hanno religiosamente ascoltato l’inno nazionale pronunciando subito dopo la preghiera laica del giuramento alla bandiera. Dalle nostre parti, invece, un personaggio che invita a bruciare il tricolore può diventare, anzi è diventato ministro. Porterò sempre con me anche il lungo, convinto e rispettoso applauso che la folla democratica ha tributato al senatore John McCain quando dai maxischermi ha reso omaggio al nuovo presidente degli Stati Uniti , fino a pochi minuti prima suo duro sfidante. Le stesse parole pronunciate da McCain sono state sono state un fatto straordinario rispetto all’esperienza italiana. «State tranquilli, non avete perso voi, ho perso io», ha esordito il senatore repubblicano davanti ai suoi sostenitori. E poi, ancora, «sarò onorato di servire il nuovo presidente degli Stati Uniti che è anche il mio presidente». Davvero un altro mondo rispetto al provincialismo e alle bassezze di certa nostra politica. Quel che ci portiamo da Chicago è anche questo.

Il voto non ha riguardato solo gli States ma il mondo intero. Abbiamo respirato questo clima e ritorniamo con la consapevolezza che il cambiamento non va predicato ma praticato giorno per giorno con la battaglia delle idee. Questo è ciò che ha fatto Obama sferzando il torpore dei Democratici sopiti da otto anni di sconfitte e lacerazioni profonde. Nel nostro dibattito il tema del rinnovamento generazionale viene spesso evocato da chi non l’ha mai perseguito. Come se bastasse annunciarlo per avere la coscienza a posto.

A quelli della mia generazione che vogliono quindi provarci tocca il compito di non aspettare che qualcuno lasci loro il passo. In fondo la lezione di Chicago è anche questa.


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